Antonio De Rossi

Pittore Incisore

Tecniche incisorie

TECNICHE DELL’INCISIONE CALCOGRAFICA

Calcografia significa letteralmente “scrittura su rame” (calcos=rame / grafo=scrivo). Tale definizione comprende perciò tutte quelle tec­niche – ciascuna indicata con uno specifico nome – relative ai diversi procedimenti di incisione del metallo – elaborati nel corso dei secoli – per la costruzione di una matrice destinata alla stampa. Anticamente il metallo utilizzato per tali incisioni era prevalente­mente il rame anche se non sono mancati esempi di incisione su ferro, stagno ecc. Oggigiorno il metallo più generalmente usato è lo zinco. Tutte le tecniche calcografiche utilizzano il sistema dellastampa in cavo. Ciò vuole signifi­care che sono le parti incise (inca­vate) a ricevere l’inchiostro e a determinare l’immagine sulla carta durante l’operazione di stampa, al contrario di quanto avviene nella xilografia (stampa in rilievo) nella quale sono le parti in rilievo a determinare l’immagine stampata. Le tecniche di incisione sul metallo che vengono raggruppate sotto la definizione comune di calcografia e si dividono in “incisioni manua­li” e “incisioni con sostanze chimi-che”, sono in ordine di apparizione storica: il bulino, la punta secca, l’acquaforte, l’acquatinta, la maniera nera, la vernice molle.

 

L’ACQUAFORTE

Definizione

L’acquaforte – al pari dell’acquatin­ta e della vernice molle – definisce l’incisione della matrice di metallo ottenuta non direttamente, come nel caso del bulino o della punta secca, ma attraverso una particola­re soluzione di acqua e acido nitri­co. Acquaforte è infatti il termine impiegato nel XIV secolo dagli orafi per indicare l’acido nitrico.

Il procedimento tecnico

L’incisione della matrice di metallo avviene non direttamente a mezzo di un attrezzo, ma attraverso l’a­zione corrodente dell’acido nitrico. La lastra viene pertanto innanzi­tutto ricoperta di un sottile strato di sostanza composta di cera vergi­ne e bitume giudaico, con un pen­nello morbidissimo. Siffatta “ver­nice” non ha comunque una for­mula fissa perché molti grandi incisori, da Rembrandt e Callot a Piranesi ed altri, hanno elaborato proprie personali composizioni più rispondenti alle loro esigenze e tuttavia ruotanti attorno al compo­nente base della cera vergine. Una volta ricoperta la lastra di tale vernice, essa viene affumicata (annerita) con una torcia affinché il disegno che l’incisore traccerà suc­cessivamente con una punta acu­minata di metallo risulti più chia­ramente visibile ed evidente. Nel momento in cui viene eseguito il disegno con la punta di metallo, la vernice coprente la lastra viene scalfita scoprendo nuovamente -ma solo in queste parti – il metallo della matrice.

Terminato il disegno e ricoperti con la stessa vernice i bordi ed il retro della lastra, questa è pronta per l’immersione nella soluzione di acqua ed acido nitrico. Anche le soluzioni acide per la morsura del metallo sono state ela­borate dagli incisori nel corso dei secoli in formule che gli artisti con­servano gelosamente. L’incisione avviene per reazione chimica quando la lastra viene immersa nella soluzione di acido nitrico perché il metallo scoperto dalla punta durante il disegno viene attaccato ed inciso dall’acido stesso determinando nella lastra solchi secondo i segni tracciati precedentemente.

La profondità di tali segni dipende ovviamente dalla durata del tempo di immersione della lastra nella soluzione, operazione che nel complesso viene chiamata in gergo “morsura”.

Quando si ritiene che l’acido abbia inciso solchi sufficientemente pro­fondi, la lastra viene estratta e, prima lavata con acqua dolce, viene successivamente pulita dalla vernice coprente con una sostanza diluente, apparendo infine solcata come nelle incisioni dirette. Dal momento che i tempi di “morsura” determinano la profondità del solco – e quindi la intensità del segno sulla stampa – questi tempi possono variare da zona a zona del disegno estraendo la lastra, coprendone con la vernice una parte ed immergendola nuova­mente nella soluzione di acido.

 

L’ACQUATINTA

Definizione

Si tratta di una tecnica intesa ad ottenere, attraverso la morsura dell’acido, una speciale granitura della lastra che alla stampa si tra­duce in effetto chiaroscurale molto efficace nelle ombreggiature.

Il procedimento tecnico

Sgrassata la lastra di rame o zinco, vi si fa depositare sopra per caduta un pulviscolo di materia grassa e cerosa (la colofonia) o per mezzo di un passino di metallo o di tela o inserendo la lastra nella “cosiddet­ta “boite àpoudre”. Si tratta di una cassa entro la quale la lastra viene appoggiata su una griglia posta a metà altezza e che contiene, depositate sul fondo, leparticelle di colofonia. Azionando dall’esterno un mantice o un ventilatore, le particelle sono sollevate turbinosamente e si depositano fittamente sulla lastra nel corso della ricaduta. Ponendo successivamente la lastra su di una fiamma che scaldi, le particelle di colofonia si rapprendono e aderi­scono alla lastra stessa. Coperte le parti che si vogliono bianche alla stampa con la consue­ta vernice coprente, si immerge la lastra nella soluzione di acido nitrico per la morsura. L’acido intaccherà la lastra soltanto negli interstizi esistenti tra una particella e l’altra di colofonia e provocherà una granitura del metallo più o meno marcata a seconda della grana della colofonia e del tempo di morsura.

LA STAMPA

L’inchiostrazione

L’operazione dell’inchiostrazione della lastra nelle incisioni calcografiche è certamente la più delicata e la più importante di tutto il proce­dimento  di  stampa  perché  può condizionare il risultato dell’im­magine sotto molti punti di vista quali la nitidezza, la velatura, la perfetta traduzione del segno, la stessa  atmosfera  del  messaggio figurale proposto.

L’inchiostro per la stampa delle incisioni calcografiche si trova comunemente in commercio anche se ogni incisore potrebbe preparar­lopersonalmente miscelando opportunamente olio di lino cotto, olio di lino crudo e nerofumo. Prima dell’inchiostrazione, la lastra viene riscaldata appoggian­dola sul cosiddetto “forno” costi­tuito  dauna piastra di metallo sovrastante alcune resistenze elettriche che, attraverso un termosta­to, conferiscono alla piastra stessa la temperatura desiderata. La necessità di inchiostrare a caldo la lastra è dovuta al fatto che in tali condizioni l’inchiostro diviene più fluido e penetra sicuramente anchenei più sottili segni incisi. L’inchiostro – depositato su di un piano di marmo posto a fianco del forno – viene prelevato con un tam­pone di legno ricoperto di pelle e successivamente premuto, schiac­ciato, sulla lastra fino a che tutta la superficie non risulti completa­mente ed uniformemente coperta. A questo punto inizia – lasciando sempre appoggiata la lastra sul piano riscaldata – la pulitura, che consiste nell’asportare l’inchiostro depositato sulla superficie in rilie­vo della lastra e lasciandolo solo all’interno dei solchi incisi. Tale operazione viene fatta in fasi suc­cessive iniziando dapprima con lo strofinare una sorta di tela a maglie larghe simili alla garza chiamata “tarlantana”.

L’ulteriore e definitiva pulizia viene fatta a “palmo di mano”, passando cioè sulla lastra ripetuta-mente il palmo della mano preven­tivamente spalmato di una polvere bianca non abrasiva, denominata “bianco di spagna”. È questa l’ope­razione più delicata perché oltre­ché presentare il rischio di svuota­re dell’inchiostro i segni incisi, può determinare – a seconda della sensibilità dello stampatore-incisore -ombreggiature dovute alla più o meno perfetta pulizia della lastra che risulterà – alla fine dell’opera-zione di cui si parla – perfettamente pulita dall’inchiostro, salvo che all’interno dei solchi incisi e delle zone granite all’acquatinta. La lastra a questo punto è pronta per la stampa dopo averne accurata-mente puliti i bordi.

 

Il torchio calcografico

È formato essenzialmente di due cilindri metallici – mediamente del diametro di cm. 15 – in mezzo ai quali è inserito il piano di stampa costituito da una robusta e rigida piastra di metallo. Uno dei cilindri, generalmente quello superiore, presenta sul terminale dell’asse un rocchetto dentato sul quale ingrana una seconda ruota dentata posta al centro della “stella”: un volante a raggi terminanti con manopole. Ruotando la stella si determina pertanto il movimento del cilindro superiore e il conseguente avanzamento del pianale di stampa, stretto tra questo e quello inferiore che ha solo una funzione di scorrimento.

La distanza dei due cilindri – e con-seguentemente la pressione – èregolata da apposite viti senza fine che agiscono sui cuscinetti portanti del cilindro superiore.

 

La stampa

Posto il pianale del torchio in una delle due posizioni estreme di avanzamento, in un verso o nell’altro vi si appoggia sopra, ben centrata, la lastra precedentemente inchiostrata. Il foglio di carta già preparato verrà adagiato sulla lastra stessa e il tutto verrà ricoperto con un panno morbido (generalmente feltro) che conferirà maggiore elasticità alla pressione tra i due rulli.

Ruotando la stella, il pianale del torchio avanzerà verso l’altra estremità e, passando tra i due rulli con una certa difficoltà, determinerà l’impressione della carta costretta ad aderire fortemente alla lastra.

Pervenuto il pianale all’altra estremità del torchio si potrà sollevare il feltro e, con maggior cautela e lentezza, sollevare anche il foglio di carta dalla matrice.

E’ questo il momento magico nel quale l’artista vede impressa sulla carta l’immagine ideata e lungamente elaborata sulla lastra di metallo.